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Psicologia dello sport per i genitori

Schermata 1Insegnare a un genitore come comportarsi con i propri figli-atleti, non sarà lo scopo di questo articolo!

Sarà semplicemente quello di dare alcuni suggerimenti su come aiutare il proprio figlio a vivere l’esperienza sportiva nel migliore dei modi, e per dare al genitore un punto di vista diverso dal suo per fargli capire perché alcuni suoi comportamenti non gioveranno al bambino!

Sappiamo tutti quanto sia difficile essere genitori, e come tutto quello che si dice o si fa per i figli è solo per amore, ma talvolta non ci si accorge di remare contro i loro progressi.
Al principio di tutto c’è la scelta dello sport. Sarebbe corretto fare provare al bambino o alla bambina più discipline, in modo che abbia gli strumenti per poter scegliere l’attività che più gli piace, che non deve per forza coincidere con l’attività per cui è maggiormente portato; infatti ci sono bambini caratterialmente più propensi al gioco, come il calcio, la pallavolo, il tennis, mentre altri che preferiscono gli sport a scontro indiretto, come il nuoto, l’atletica, la ginnastica. Poi ci sono i bambini che amano gli sport di squadra e bambini che prediligono gli sport individuali, e qui permettetemi di fare un appunto, spesso si sente dire: ho iscritto mio figlio a uno sport di squadra perché è molto chiuso e vorrei diventasse più socievole; quelle discipline potrebbero effettivamente aiutarlo a uscire dal suo guscio ma potrebbero anche farlo chiudere maggiormente se non si trovasse a suo agio, perciò permettetegli di fare più esperienze possibili e date ascolto in primis ai suoi desideri, sarà il modo migliore per fargli esprimere al massimo la sua ricchezza interiore.

Una volta superata la difficile fase della scelta, sorgono nuovi temi da affrontare. È importante che il bambino impari a vivere l’attività sportiva come un impegno serio, da rispettare, per lui sarà una vera crescita imparare a mantenere l’impegno preso, a seguire degli orari, a organizzarsi con la scuola, a preparare l’abbigliamento e l’attrezzatura, a rispettare i compagni di gruppo e a porsi con una nuova figura che non corrisponde né al genitore né al maestro, cioè l’allenatore.

Lo sport è una scuola di vita, si impara a confrontarsi con gli altri e soprattutto con sé stessi, si impara ad avere degli obbiettivi, ad accettare vittorie e sconfitte. Quando ci si affaccia al mondo dell’agonismo, che sia il campionato pulcini, o la gara societaria, o una competizione di alto livello, entrano in gioco emozioni molto profonde e forti, ed è importante che il genitore sia di aiuto in questa fase così delicata: come?
Innanzitutto è molto importante il fatto che il genitore non crei troppe aspettative nel figlio, che egli non lo spinga a vincere, bensì a migliorare se stesso. Prima di una gara è fondamentale che il messaggio che arrivi al bambino sia non importa se vincerai o perderai o a che punto della classifica arriverai, ciò che conta è che tu ti diverta e cerchi di fare il meglio che puoi. Incoraggiare alla vittoria a tutti i costi, o alla medaglia, creerà in lui aspettative che se deluse gli provocheranno un forte dispiacere, e inoltre lo distrarrà dal concentrarsi sulla sua prestazione, e gli ruberà tutto il divertimento.
Un altro suggerimento importante riguarda l’ansia. I bambini sono empatici, e il genitore in ansia per la gara trasmetterà involontariamente l’ ansia al figlio, oltre che con il linguaggio del corpo, anche con le parole, per esempio: non ti agitare,stai calmo, non aver paura, riempire i bambini e i ragazzini di queste raccomandazioni creerà in loro l’ansia che magari non avevano neanche. Cerchiamo di fargli capire invece che per noi non è importante il risultato, ma che per loro sia una serena esperienza di vita, positiva!

Diciamogli: divertiti!

Mi sento in conclusione di toccare un delicato argomento, croce di molti allenatori: il genitore che presenziando alle partite o agli allenamenti dei figli, urla per tutto il tempo dando consigli. Per quanto i consigli possano essere sensati, logici o importanti, perché il bambino rimanga concentrato non deve avere fonti di distrazioni, in particolare dal pubblico. Durante la partita lui potrà e dovrà comunicare solo con l’allenatore, immaginate la confusione che gli si creerà in testa quando sentirà genitore e allenatore dirgli due cose differenti; per lui sarà come una lotta sulla fiducia e sulla stima e non capirà più cosa dovrà fare. Questo per quanto riguarda il tipo di gioco, ma capita spesso anche di sentire incoraggiamenti a Bere o a togliere la maglia perché fa caldo; in questo caso la figura genitoriale diventa intrusiva; per il bambino lo sport è un momento suo, personale, di crescita, dove impara a stare al mondo senza una persona che si occupi di lui a 360°, per questo motivo suggerisco di lasciarlo vivere in maniera indipendente il suo momento di espressione e di scontro con la realtà.